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LE DIVINITA’ TERRESTRI

Gli astri si sono riuniti in cielo e fanno piovere sulla terra; i raccolti crescono, il mais matura. Prima di dissodare la sua milpa provvisoria, di faticare a mano con la zappa, di seminare, di raccogliere… il contadino Maya digiunava, praticava la continenza – ad esempio per tredici giorni per la semina – e non mancava di portare offerte e di bruciare coppale ai piedi delle divinità della terra. Il fatto di personificare il mais come un essere vivente e deificarlo può sorprendere uno spirito occidentale; ciò fu fondamentale nel pensiero Maya e, allo stesso modo, per cui noi ci riteniamo nati dal fango, i Maya si ritenevano nati dal mais. Anche il dio del mais occupava un posto preponderante nel culto e nel cuore dei contadini in maniera particolare. Del resto si tratta del solo dio che abbia forme umane, giovanili e amabili oltre ogni dire: veniva rappresentato sotto le sembianze di un giovane uomo – la sua testa serviva, tra l’altro, come simbolo del numero otto – con i capelli lunghi, senza dubbio per richiamare le barbe della pannocchia, e da essi scaturivano precisamente delle spighe di quel venerato mais.

In epoche terminali, venne chiamato Yum Kax, il “Signore delle Foreste”, e gli vennero attribuiti tutti i caratteri di una divinità agraria. Dio della prosperità e dell’abbondanza, il dio del mais appariva spesso associato a simboli di morte, perché non si può creare la vita senza la morte: affinché il seme dia germoglio, bisogna sotterrarlo e lasciarlo “lavorare” come un cadavere. In questi casi il dio viene rappresentato sotto forma di decapitato, o con una testa mozzata a tracolla sul petto, per ricordare che il seme muore affinché possa nascere la giovane pianta.

I fagioli ebbero ugualmente i loro dei ma molto meno valutati di quello del mais. Si possono ricollegare agli dei tellurici, coloro che risiedevano sulle sommità delle montagne – in relazione con le nuvole e la pioggia – alla confluenza dei fiumi, alle sorgenti, oppure nelle grotte. Il dio Giaguaro partecipava a due universi: sotto il suo aspetto visibile ed esteriore, incarnava le forze della terra; sotto il suo aspetto nascosto, sotterrato nella sua tana, incarnava le forze del sottosuolo.

LE DIVINITA’ SOTTERRANEE

Nove Signori della notte, chiamati Nove Dei (Bolontku) presiedevano ai diversi mondi sotterranei sovrapposti: sono stati riconosciuti i loro glifi che, non si è in grado di leggere. E’ questo il dominio della morte e dell’aldilà, e noi sappiamo quanto il popolo messicano ne sia ossessionato. I simboli di morte come i crani scarnificati e le ossa incrociate, ritornano sovente nell’iconografia Maya.

Sotto forma di uno scheletro adornato di sonagli, Ah Puch è il dio della morte. Alcuni animali di cattivo augurio lo accompagnano: la civetta, il cane – guida dei trapassati e che veniva seppellito insieme al defunto – il “demone delle nuvole”, l’uccello moan, che è una specie di sparviero. Ed è probabile che Ek Chuah, il dio della guerra e dei sacrifici, abbondantemente raffigurato sui codici, non sia che una forma secondaria della Morte. Lo si deduce dalla sua figura nera, dalle sue labbra spesse e cadenti, e qualche volta dalla sua coda di scorpione. Non diversamente dalle altre, anche la sua personalità è idealizzata e ambivalente: ora lo si vede portare un involto sul dorso, e infatti è un dio tenuto in considerazione dai viaggiatori e dai venditori ambulanti, i quali frequentemente vengono considerati come spioni – e in questo caso egli è il protettore del cacao – ora appare, brandendo una lancia, come il dio delle battaglie e dei sacrifici di sangue.

Nel numero degli dei della Morte e dei mondi infernali, bisogna includere Ixtab, la dea del suicidio, raffigurata sul codice mentre è sospesa nel cielo per mezzo di una corda annodata al collo. Suicidi, sacrificati, soldati uccisi in combattimento, donne morte di parto…tutti quanti avevano diritto ad andare direttamente nel paradiso Maya, un luogo idilliaco, un eden dove sono piantati i ceiba, gli alberi sacri: quegli immensi alberi (ceiba patandra) contenenti nei loro semi a capsula la lanugine delle kapok – da cui parimenti viene il nome di albero del capo – dagli usi molteplici. Le leggende Maya ci informano che un ceiba gigantesco attraversava tutto l’universo, dai mondi sotterranei ai mondi celesti. I malvagi alla loro morte si recavano nelle Mitnal, il mondo inferiore dove faceva un freddo insopportabile. Aggiungiamo che nel pensiero Maya la morte, le malattie ecc. non avevano affatto un carattere accidentale o naturale, ma erano il giusto castigo delle colpe passate ed erano mandate dagli dei arrabbiati.

Le divinità del tempo e dei numeri ricoprivano un ruolo non indifferente, perché i Maya furono stranamente ossessionati dallo scorrere del tempo, dal suo ritmo ciclico, dal suo carattere ripetitivo e capriccioso. Appassionati dalla conoscenza dell’eternità, i loro sacerdoti – astronomi fecero calcoli che arrivavano a migliaia di anni, anzi a milioni di anni.

Tutti i periodi di tempo – i giorni, i mesi di venti giorni, gli anni, i “secoli” di cinquantadue anni – erano deificati e veniva reso il culto alle stele che si erigevano in date regolari, e contemporaneamente alle cifre che permettevano di realizzare questi calcoli stupefacenti. In questa nebulosa di divinità, bisogna aggiungere quelle che erano connesse a numerose professioni, come per esempio tutti i corpi di artigianato, compresi i tatuatori e gli allevatoti d’api. E persino le lame di ossidiana e di selce avevano un dio patrono.

Infine, durante la rinascenza dei secoli XI e XII, bisogna notare che è preponderante il culto del Serpente Piumato, Quetzalcoatl, tradotto in Kukulkan dai Maya. Egli fu un personaggio storico, capo religioso e guerriero. Chicèn Itzà fu naturalmente il centro dove il culto del Serpente Piumato incontrò il più grande favore. Ha giocato un ruolo capitale come simbolo di concezioni nuove, e noi lo vediamo raffigurato su di un disco d’oro lavorato a sbalzo, ritrovato nella famosa cenote dei sacrifici come un favoloso serpente, che si erge sopra una vittima allungata sul dorso, mentre il sacerdote sacrificatore si appresta a strapparle il cuore. Ma se Kukulkan fu il dio preponderante per tutto il tempo che gli Itzà furono al potere, il giorno in cui essi furono cacciati, vide la sua disgrazia immediata e l’uso della sua immagine scomparve in brevissimo tempo, e gli antichi dei Maya ritornarono in forza.

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