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Davide e Salomone

E’ in questa atmosfera che si inserisce la figura di Davide. Una persona che la tradizione dipinge come l'emblema del re per antonomasia, ma di cui in realtà vengono narrati fatti di un cinismo e un’inumanità disdicevoli. In pratica, per poter riuscire nei suoi scopi non esitò ad adottare qualsiasi atto, dal più menzognero a quello di più alta vigliaccheria. Si rilegga ad esempio l'episodio in cui sconfigge il gigante Golia. Nella tradizione viene rappresentata la sconfitta del cattivo (Golia) per mano del buono (Davide) supportato da Dio. Il racconto biblico invece spiega che Davide, che doveva sfidare Golia in duello, si presentò vestito come un pastore, e quindi ingannando il gigante che si aspettava un guerriero vestito di tutto punto, cogliendolo di sorpresa con un’arma non convenzionale quale era la fionda, utilizzata per cacciare bestie e non per duellare.

Davide conquistò il potere dopo varie peripezie, doppi giochi e inganni degni del più cinico dei capi, addirittura alle spese di Saul che inizialmente lo aveva protetto. In principio viene nominato solo re di Giuda e vi regna per sette anni e mezzo, mentre Is-Baal, un altro figlio di Saul, regna su Israele per due anni. La Palestina ebrea si vide perciò divisa nelle mani di due re, aprendo presto le porte ad una guerra civile, che terminò con la disfatta del figlio di Saul e l’ascesa di Davide a unico re di Giuda e Israele, senza per altro spegnere le rivalità tra i due regni.

Nell'ascesa al potere Davide fece trasportare l’arca dell’alleanza a Gerusalemme, città nel territorio della tribù di Beniamino, centralizzando quindi il culto in modo da controllare meglio i sacerdoti. Questi infatti nelle guerre tra contendenti non si dimostravano al di sopra delle parti e quelli che avevano dimostrato preferenze per il candidato perdente venivano subito destituiti.

Dopo Davide prese il potere suo figlio Salomone, che fu perciò il primo re per successione dinastica, che la Bibbia ricorda per la sua saggezza e per aver condotto il regno ad un certo periodo di splendore e pace. Ma, contrariamente al dettato divino (Dt 17,17) si permise più di 700 moglie e 300 concubine (1 Re 11,3), e tra le mogli anche donne straniere, contravvenendo alle proibizioni d'imparentarsi con altre popolazioni. Sotto di lui venne costruito il muro di Gerusalemme e il primo tempio, per il quale fece faticare trentamila lavoratori forzati (1 Re 5,27) reclutati tra le popolazioni non ebree a lui sottomesse. Riuscì a terminarlo in sette anni, mentre il suo palazzo personale gli costò tredici anni di lavori. Il giorno in cui fu dedicato il tempio furono immolate 120.000 pecore e 20.000 buoi (1 Re 8,63)! La descrizione delle fastosità del tempio e del palazzo non deve trarre in inganno sopravvalutando la ricchezza del regno: le spese per costruire tanto sfarzo comportarono un grande dissesto finanziario che costrinse Salomone a vendere delle intere città (1 Re 9,10ss). Il narratore non ci risparmia che, dal punto di vista religioso, Salomone non fu migliore del resto della popolazione: oltre ad aver sposato mogli di altri popoli, ne seguì anche le divinità (1 Re 11,4) erigendo anche a queste dei santuari. Perciò venne richiamata l’ira di Dio che promise sventure non durante il suo ma il regno dei suoi figli.

A proposito delle sue donne: divenne anche genero del faraone d’Egitto. Ancora gli egiziani: ciò conferma che le relazioni tra ebrei e egiziani non fossero così negative come ci voleva dimostrare il racconto dell'Esodo, come per altro dimostrano altri episodi tra le due società.

Certo viene da chiedersi come abbia fatto Salomone a diventare così ricco visto che il re non doveva moltiplicare i propri averi per accrescere la propria ricchezza (Dt 15, 16). Ci chiediamo infatti come poteva un figlio ereditare le ricchezze di un padre se doveva anch'egli sottostare ai dettati degli anni giubilari che prevedevano il ritorno delle ricchezze ai proprietari precedenti? Possiamo rispondere supponendo che con la successione dinastica venne meno la norma principe dell'anno giubilare. V'è cioè da ritenere che, una volta usurpate le terre attraverso l'uccisione dei proprietari, non aveva più ragione alcuna il timore della loro cessione per cui esse rimanevano di proprietà dell'ultimo detentore. Perciò, dopo aver scorso velocemente le biografie di questi due re, padre e figlio, possiamo trarre la seguente naturale considerazione: entrambi aumentarono il proprio potere e le proprie ricchezze, ma contemporaneamente per poterlo fare dovettero contravvenire alle leggi bibliche. Lo fecero scavalcando tutti i vincoli che le norme ponevano all'agire umano, nella ricerca sfrenata del potere e del benessere. Lo fece già Davide, come abbiamo visto, nonostante i rimproveri che gli mandarono i sacerdoti. Lo fece maggiormente suo figlio Salomone, che invece di raccogliere sdegno perpetuo, ebbe perenne memoria nelle popolazioni successive. L'operato di Davide e Salomone è ben in linea con quello di accentratori di potere e ricchezza, ruolo ottenuto non attraverso lo sfoggio di capacità al di sopra della media, bensì violando le regole dettate per la convivenza sociale.

Accumulazione di potere e ricchezza e violazione delle regole vanno di pari passo come avevamo già stabilito in un precedente studio per i nostri tempi attuali.

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