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La Danza della piccola Taranta

a cura di Silva Truentina

Taranta

La “Tarantella” è una tipologia di balli diffusa nel sud Italia,ma soprattutto in Puglia, solo alcune aree conseravano però la tradizione viva, sono in corso, purtroppo, dei processi di profonda trasformazione delle forme coreutiche tradizionali, soprattutto per il mutamento dei modelli di vitanelle comunità interessate.

Il primo rigoroso studio sull'origine della tarantella e sui “tarantati” è stato intrapreso nell'estate del 1959 da Ernesto de Martino e la sua equipe, in una appassionante indagine antropologica tra religione e magia, nelle calde terre del salento. L'indagine cominciò con una selezione dei soggetti da investigare, presenti nella cappella di S. Paolo a Galatina il 29 giugno del 1956, in occasione, appunto, della festa dei SS. Pietro e Paolo.

S. Palolo è considerato il protettore dei tarantati per il caratteristico episodio della sconfitta di un animale velenoso sull'isola di Malta, e la sua festa provoca gran fermento in tutta la Puglia, in quanto i tarantati di ogni distretto si riversano a Galatina per ottenere la grazia dal Santo. Furono individuati 35 tarantati e tra loro ne vennero scelti 19 a caso per proseguire l'indagine nei luoghi di origine. Al medico dell'equipe fu affidato il compito di stabilire in che modo il tarantismo potesse essere associato al latrocentrismo o a qualche altra anomalia psichica. Il latrocentrismo nel salento è molto raro, infatti solo uno dei 19 casi è stato riconducibile a questa sindrome tossica che, comunque sia, si era innestata nel quadro del tarantismo. Il medico, tenuto conto del contesto cultura escluse che il tarantismo fosse inseribile nel quadro della moderna psichiatria, se ne dedusse quindi che poteva trattarsi di un fenomeno culturale con una causa scatenante, poteva essere definito, in linea di massima come una “sindrome morbosa”.

Furono così individuati una serie di indici che convergevano tutti nella direzione del “carattere simbolico” e di un condizionamento storico-culturale. Il primo indice affrontato dall'equipe dell'etnologo de Martino è stato l' “Immunità” di cui godeva il “feudo di Galatina” per benevola concessione del Santo; con la parola “feudo” si intende la delimitazione di un'area sacra dove le tarantule non arrecavano danno.Questo indice da solo già offriva un indizio a favore del condizionamento culturale del tarantismo Il secondo indice, attestato fin dal '600, è la ripetizione della crisi e della cura che deve svolgersi ogni anno con le stesse regole e le stesse prestazioni coreutiche con l'utilizzo di musica e colori.C'è un “Primo Morso” curato a domicilio, ma ogni anno la crisi si ripete, producendo in tal modo una serie regolata e periodica di “ri-morsi” e “svelenamenti”. Risultò che le crisi diventavano più frequenti con l'approssimarsi della festa di S. Paolo e Pietro ed esplodevano tutte contemporaneamente nella cappella di Galatina durante i giorni di festa; tutto accadeva come se l'influenza culturale cristiana avesse cercato di piegare un fenomeno pagano al proprio calendario religioso. Il terzo indice indica il tarantismo come fenomeno prevalentemente femminile e questo dato risulta comune già alla fine del '400; su 37 tarantati identificati in cappella, 32 erano donne,una prevalenza troppo netta per essere casuale!Questo dato non seguiva nessuna logica “medica” e non si accordava neanche con il rapporto d'impiego dei due sessi nei lavori agricoli, momento in cui si era più esposti al morso della tarantola in quanto si stava nei campi e spesso ci si dormiva esponendosi all'incontro con questi animali. Il quarto indice era l'influenza famigliare che aveva il tarantismo, in quanto è stato riscontrato che le famiglie di appartenenza erano poche rispetto al numero dei tarantati, quindi il reale aracnidismo risultava decisamente impossibile! Il quinto indice riguardava i dati relativi all'età del primo morso che cadeva con maggiore frequenza tra gli inizi della pubertà e il termine dell'età evolutiva.

La Lycosa Tarentula è un grosso ragno peloso di colore scuro con disegni grigio-bruno sul dorso e una banda scura in campo grigio-arancione sul ventre; armato di chelicheri di noteovoli dimensioni, tutto nel suo aspetto, richiama l'immagine della potenza del morso. Non si poteva escludere che per alcuni di questi soggetti, il latrocentrismo (la sindrome di avvelenamento da puntura di aracnide velenoso) fosse l'episodio iniziale, ossia realmente il Primo Morso, causato dal Latrodectus. Nei casi in cui il latrocentrismo non era sicuramente in atto, la crisi del tarantismo imitava grossolanamente  l'avvelenamento, proprio come se il modello culturale di “colui che fa l'avvelenato” fosse stata ricalcata e imitata su quello del latrocentrismo reale. Il sesto indice è di carattere calendariale, in quanto la stagione elettiva del tarantismo era il periodo che andava da maggio a giugno e coincideva con il periodo più intenso dei lavori agricoli, e quindi, come abbiamo accennato prima, ad una maggiore esposizione al Morso della tarantula.

La crisi reale di latrocentrismo diventava sempre di più l'occasione per risolvere altre forme di “avvelenamento simbolico”, oppure alcuni momenti particolari dell' Esistenza, come la fatica del raccolto, la crisi della pubertà, la morte di una persona cara, un amore non corrisposto, i conflitti famigliari, disagi di varia natura, ecc..., facevano insorgere la “crisi dell'avvelenato utilizzando il modello del latrocentrismo simbolicamente riplasmato come morso di taranta che scatena una crisi da controllare ritualmente mediante l' Esorcismo della musica, della danza e dei colori. In una circostanza ben precisa il tarantismo venne visto dall'equipe di Ernesto de Martino come recesso al livello di una vera e propria alterazione psichica, quello che i ricercatori osservarono nella cappella di Galatina non era tarantismo, ma la sua disgregazione per opera dell' influenza cattolica, la crisi perdeva il suo Ordine rituale e rimaneva solo il comportamento dell'avvelenato in quanto l'esorcismo non aveva più effetto.

La taranta ha nomi di persona ed ha una tonalità affettiva particolare che si riflette in chi è stato morso, ci sono infatti: -

  • tarante ballerine e canterine sensibili alla musica, al canto e alla danza
  • -
  • tarante tristi e malinconiche che richiedono nenie funebri ed altri canti melanconici
  • -
  • tarante tempestose che inducono le loro vittime in comportamenti violenti
  • -
  • tarante libertine che stimolano a mimare comportamenti lascivi
  • -
  • tarante dormienti, insensibili a qualunque trattamento musicale
  • Si dice che la taranta insinua nelle vene un veleno che dura finchè la taranta vive o resiste la sua discendenza. Per far “schiattare” la taranta occorre soprattutto mimare la Danza del Piccolo Ragno, occorre cioè danzare col ragno, essere anzi lo stesso ragno che danza secondo una irresistibile identificazione; al tempo stesso occorre far valere un momento più propriamente agonistico, cioè sovrapporre ed imporre il proprio ritmo al ragno, costringendolo a danzare fino a stancarlo, infine inseguirlo e calpestarlo al ritmo della tarantella. Il tarantato esegue la Danza come vittima posseduta dalla Bestia e come Eroe che la piega danzando e dialogando con il ragno.

    Al tarantismo partecipano, in funzione diversa, i suonatori, i famigliari e il vario pubblico che si accalca nei luoghi in cui hanno luogo le cure domiciliari; il tarantismo influenza l'ideologia e il comportamento di migliaia di persone, mentre l'atteggiamento della popolazione verso il fenomeno si differenzia in base alla classe sociale. Da una descrizione che risale alla prima metà del '700 si ricava che l'esorcismo coreutico-musicale-cromatico poteva aver luogo sia a domicilio che in uno spazio aperto, in entrambi i casi con l'osservanza cerimoniale di alcune caratteristiche ambientali.Il medico dalmata Giorgio Baglivi accenna ai pampini e ai “rami fronzuti” che i tarantati agitavano ed immergevano in acqua per adornarsene poi il capo e accenna anche al ricorrente gesto di immergere la testa e le mani nell'acqua. Altri oggetti rituali ricordati dal Baglivi  le spade e gli specchi, le prime utilizzate per il combattimento rappresentato durante la danza e i secondi utilizzati per “contemplarsi traendo lunghi Sospiri”; i tarantati spesso gradivano essere appesi ad un'altalena per mimare la tessitura della stessa da parte del ragno e spesso i tarantati il cui ciclo coreutico si svolge senza questa altalena o fune, alzano le braccia ad imitazione del gesto.

    Il piede, la mano e il pube sono le localizzazioni “elettive” del morso; il piede e la mano possono essere “armate” dalla danza e dalle spade e comunque sono punti possibilistici a causa dell'utilizzo nel lavoro dei campi, mentre il pube sta ad indicare l'eros a vario titolo precluso dall'ordine famigliare o dal costume o problemi d'amore, il che concorre a spiegare perchè al tarantismo abbiano sempre partecipato in maggioranza donne.

    Il ricorrente scenario del bosco, e il predominio del colore verde (nel medioevo indicava “l'amor nuovo”), la danza frenetica e l'atteggiarsi a sposa (il tarantato si veste di bianco), i denudamenti e le figure eseguite al suolo che potevano valere come posizioni di un amplesso immaginario, costituivano un ordine di possibili orizzonti simbolici di ripresa e di deflusso entro le quali le tarantate cercavano di dar voce alla pulsione libertina che le faceva soffrire. Le ragazze nel periodo della pubertà, le vedove, le spose infelici, le zitelle e le donne in preda a tristezza dovuta ad amori sfioriti, trovavano nel tarantismo certe possibilità di far defluire liberamente tutto quello che le pressioni sociali avevano loro precluso, si trattava delle famose e largamente indagate “passioni latenti”. Anche la condizione di povertà e di infima condizione sociale erano uno dei motivi di “scanizzamento” (sfogo) nel tarantismo, l'utilizzo della spada e l'impiego del simbolismo del rosso, rimandavano a scene di battaglia e di grandezza, così da far vivere al tarantato episodi che si configuravano come il rovescio della propria esistenza. Altri soggetti molto colpiti dal tarantismo erano i monaci e i sacerdoti che vivevano tra le mura dei monasteri e si sentivano oppressi dalla solitudine e dall'eros represso.

    Durante i miei studi ho notato un possibile collegamento tra il tarantismo e le cerimonie sciamaniche importate dall’oriente in quanto ogni elemento sembra assimilabile e riconducibile a tali pratiche. Ricordo a tutti voi che il tarantismo pugliese e quello del sud Italia più in generale, trova il suo predecessore più attendibile nelle pratiche importate nella Magna Grecia dalla madrepatria. Secondo Kircher, “i tarantati morsi da tarante solite tirare i fili della loro ragnatela, gradivano lasciarsi pendere dagli alberi mediante funi”; questa pratica ha il suo antecedente classico nel simbolismo dell’”aioresis”, ossia dell’altalena come rito.

    Le crisi femminili ricorrenti nel mondo greco erano legate nella maggior parte dei casi alla fuga dalla comunità civile e questo comportava spesso il rischio del suicidio o per annegamento o per impiccaggione, ma se la fuga era ripresa e controllata, la crisi si risolveva nell’immersione catartica della testa nella’acqua o nel simbolismo dell’altalena. Queste pratiche trovavano sfogo nella festa dell’ “Aiora” (altalena delle vergini) indetta da Apollo per placare i suicidi di massa.Questa festa si innestava in quella primaverile “dei germogli” di evidente derivazione agreste nelle quali si liquidavano le passività dell’anno che andava finendo e si regolavano i debiti con il Regno dei Morti e si entrava nel “periodo nuovo”. In tal senso bisogna sottolineare una motivazione comprensibile di tali istinti suicidi nella crisi della pubertà femminile, specialmente nel momento critico di distacco dalla figura paterna sostituendola con quella dello sposo che si realizza come “morte” del padre e rifiuto dell’accettazione del proprio percorso di donna, risolto dunque con la fuga e con il suicidio (per maggiori informazioni mitologiche, consiglio di leggere il mito di Icaro ed Erigone).Tutto si riconduce a quella serie di “passioni latenti” citate poco prima.

    Per quanto riguarda il collegamento con le cerimonie sciamaniche anticipato in precedenza, ne “La terra del rimorso” del de Martino, ricorre una certa identificazione tra taranta-s.Paolo o tarantato-taranta e che ci sono degli elementi comuni in ogni possessione e conseguente esorcismo, tanti da non far pensare ad una continua “imitazione”, quanto a qualcosa di intrinseco nell'essere umano o quanto meno in soggetti specifici. Un altro elemento interessante è l'utilizzo della musica durante le cerimonie esorcistiche e in particolar modo, l'utilizzo del tamburello come strumento preferenziale per far “scanizzare” il tarantato e anche il momento specifico in cui può avvenire il primo morso con conseguente prima crisi, ossia durante la pubertà oppure in seguito ad un momento particolarmente doloroso. Anche la cerimonia in sé ha molti elementi particolari che richiamano alle cerimonie sciamaniche tanto quanto quelli già elencati, in special modo l'atto di ballare in tondo e l'utilizzo di un perimetro sacro per le loro “mistiche acrobazie”.

    A mio avviso: - l'identificazione con l'animale (ragno, scorpion, serpente) equiparabile all'animale-totem sciamanico -i caratteri della sindrome -l dialogo con l'entità (in questo caso S.Paolo) e con l'animale "totem" (vedi sopra) che a questo punto secondo me non è personale ma "tribale",ossia dell'intero gruppo sociale. -lo sforzo "mistico",la situazione di tensione,l'espressione del tarantato -il ricorso periodico del fenomeno in occasioni particolari,quindi il "ri-morso" -il contagio simbolico -l'ereditarietà -la trance sono elementi comuni tanto al tarantismo quanto allo sciamanesimo.

    Fonti:

    Ernesto de Martino-La terra del rimorso, il sud tra religione e magia, Il Saggiatore, Milano 1961

    http://www.taranta.it/tarantella.html

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